mercoledì 26 novembre 2014

Traumstadt

 

Germania, 1973
124 min.
Regia: Johannes Schaaf
Sceneggiatura: Johannes Schaaf, Rosemarie Fendel dal romanzo "Die andere Seite" di Alfred Kubin
Fotografia: Gérard Vandenberg
Musica: Eberhard Schöner
Cast: Per Oscarsson, Rosemarie Fendel, Eva Maria Meineke, Alexander May, Helen Vita, Herbert Bötticher, Heinrich Schweiger, Louis Waldon, Rony Williams


Nell'inquieta esistenza di Florian Sand, artista che attraversa un periodo estremamente delicato, fa improvvisa irruzione il passato; Claus Patera, ex compagno di scuola, lo invita, tramite un suo emissario, a intraprendere un viaggio verso La città del Sogno, luogo separato dal mondo concreto e dalle sue leggi, situato in un punto imprecisato, del quale questi è unico ideatore e sovrano assoluto. La proposta è, per il protagonista, estremamente allettante perché, assieme alla prospettiva di un'esistenza felice e libera dal giogo della quotidianità, prende corpo in lui anche la speranza che la sua creatività possa essere stimolata dalla particolare atmosfera che avvolge la città di Patera e ridare linfa vitale alla sua vena artistica da tempo inariditasi.



 
Nella Città del sogno si vive del passato, la città è, anzi essa stessa un frammento di questo; assemblata in un mosaico confuso e inafferrabile non più decifrabile, non più intelligibile, dunque non più utilizzabile per il futuro. Non si tratta, quindi, d'una radiosa utopia. Al contrario, sul piano simbolico, sia il viaggio, sia la partecipazione all'impresa di Patera, oltre a essere sintomo d'una personale crisi del protagonista, rappresentano anche l'esplicita condanna di qualsiasi velleità utopistica. La trasposizione di Schaaf in parte manca quella che era l'attrattiva maggiore del romanzo di Kubin; la delirante ma calcolata amalgama di grottesca lettura politica e ossessione introspettiva viene affidata in larga misura all'iperrealismo delle immagini e a un'atmosfera surreale efficace ma a tratti decisamente ridondante ed eccessivamente legata al periodo d'uscita del film e, nonostante una discreta progressione mystery e un'efficace impianto scenografico, ridimensiona l'ambizioso progetto del regista in una discreta pellicola certo, ma troppo di genere per confermare lo status di cult che il film ha acquisito negli ultimi anni.






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